sabato 17 luglio 2010

L'alba delle Dolomiti...

La sveglia suona inesorabile alle 3 del mattino, ma fa talmente caldo che non si fa fatica ad alzarsi dal letto ed uscire a cercare un po’ di refrigerio sotto un cielo trapuntato di stelle, preludio di una mattina tersa che presto arriverà.
La meta è il rifugio Sandro Pertini, a quota 2300 metri, ai piedi delle montagne maestose del gruppo del Sasso Piatto e di fronte alla Marmolada… insomma, nel cuore imponente delle Dolomiti…
La prima emozione è la montagna lungo la quale sale la cabinovia del Col Rodella illuminata a giorno, quasi a sorridere ai numerosi gruppi di mattinieri ed un po’ assonnati trekkers che si avviano verso la cima…
In quota, a oltre 2500 metri l’aria è meno fredda di come ci si aspetterebbe a questa altitudine e a quest’ora del mattino, ma invita a mettersi presto in cammino verso il rifugio, mentre ad est un leggero chiarore annuncia l’alba.
Man mano che si avanza i contorni del paesaggio diventano sempre più nitidi, le montagne cominciano ad apparire nel tipico colore rosastro della roccia delle Dolomiti, talmente vicine che potresti sfiorarle con una mano e il serpentone di voci, di zaini, di passi avanza nella notte che sta addormentandosi per lasciare spazio al giorno. Il sentiero sembra un lunghissimo tappeto chiaro messo lì da un solerte maggiordomo, che risalta, nel chiaroscuro dell’alba, sul nero dei declivi erbosi che scendono a valle.
Il rifugio appare mentre il cielo ha già ceduto alla luce e le stelle si sono nascoste in attesa di ricomparire a sera, e già decine e decine di giacche a vento colorate sono sparse nel prato… si sorseggia un caffè caldo, ci si rannicchia sotto un sacco a pelo, ci si difende dalla rugiada alpina che decora di mille brillantini le tante specie di fiori di montagna.
Ma cosa, o chi ha tirato fuori dal letto ancora prima dell’alba centinaia di uomini e donne, giovani, giovanissimi e anche un po’ più grandi?
L'incontro, alle 6 del mattino, con un uomo...
Ed eccolo lì, un uomo allampanato, alto e “secco secco”, direbbe lui stesso, che si guarda attorno con aria un po’ spaesata, quasi incredulo nel vedere tutta quella gente che è lì per lui. È Erri De Luca, scrittore, di quelli che ami o che detesti, di quelli che, con i libri che scrivono, ti sanno toccare le corde del cuore. È uno scrittore che narra la sua vita, quella stessa che si vede segnata nei solchi del suo volto, che si scorge nella malinconia dolce del suo sguardo, che si ascolta nella pacatezza della sua voce, che si rivela timida nella semplicità con cui racconta cose complicate, come l’olocausto, come le rivoluzioni sociali e la prigionia.
E mentre ci si abbraccia strette le ginocchia per difendersi dal freddo del mattino di alta montagna, con i primi raggi di sole che lentamente scendono a dare chiarore a tutta la valle, ma che ancora non sono tanto coraggiosi da riscaldare aria e corpi, Erri De Luca comincia a parlare, in piedi e con lo zaino in spalla, come se fosse passato lì per caso e, vedendo un po’ di gente, avesse deciso di dare loro un po’ di sé, ma già pronto ad andare via, a riprendere il cammino verso una nuova meta, verso una nuova scalata o una nuova discesa, nell’altalena tragica e meravigliosa che è la vita.
Delle mille perle che ha lasciato su quel prato, voglio ricordarne una, che è la descrizione di sé data da Erri De Luca, ma che è anche una bellissima metafora di vita: “Io scrivo libri piccoli, che si leggono in poco tempo, perché penso che quando uno scrive è ospite con le proprie pagine del tempo di chi legge e, proprio perché ospite, deve saper andare via quando ancora il padrone di casa desidera che resti”.
Erri De Luca non si risparmia in parole, in gesti, in dediche… e la tanta gente lo avvicina con rispetto, con timidezza, quasi timorosa, per poi ricredersi trovandosi davanti un vecchio amico, che stringe mani e abbraccia sorridendo. E allora trova senso ciò ha detto: “Un poeta deve pagare il conto delle parole che scrive, con una vita corrispondente”…
E non solo i poeti! Tutti dovremmo corrispondere con una vita coerente a quello che andiamo predicando!!! E davanti a noi c’è un uomo che corrisponde in pieno alla semplicità e alla schiettezza di quello che scrive.
Si riprende la strada di casa…. Il sole è alto, le montagne sono lì in tutta la loro maestà, la rugiada si è asciugata e nei prati il lilla, il bianco, il giallo del fiori gareggiano per primeggiare… il sentiero ora è ben visibile e il passo si fa più sicuro…
E ritrovarsi Erri De Luca accanto a sé sul sentiero, a faticare e sudare per raggiungere la cima, e poi scendere con lui in cabinovia è solo il naturale concludersi di un incontro che non passerà senza lasciare segni.
Resta il malinconico rammarico di non avergli detto qualcosa in più, ma forse un “grazie” dritto negli occhi e un sorriso di rimando mentre le mani si stringono, è più di tante parole.


Grazie, Erri!

1 commento:

  1. che bell'esperienza deve essere stata, e credo rimmarà con te a lungo,e la comunicherai in tanti gesti quotidiani agli altri, trovo che è questo il VERO senso degli incontri dei suoni delle dolomiti, lo scambio sincero tra persone
    grazie e arrivederci forse

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